Piegata progressione - Berlingeri e Brunello


BERLINGERI E BRUNELLO: A COMPARISON BETWEEN TWO ARTISTIC RESEARCHES

In the early 1950s, Lucio Fontana broke a taboo and subverted a consolidated system. He renewed Marcel Duchamp’s artistic concept, which gave the artist the responsibility to go beyond art’s established boundaries and to decide what art is. Therefore, extraordinary interpretative horizons have been explored.

Since then, the canvas presented introflexions and extroversions of various kinds, and it was characterized by a formal progressive depth. This reminds us of Cesare Berlingeri’s canvas, which represent a repetitive sequence of tales, allusions, mysteries, covers and disclosures. He was influenced by Alberto Burri ( known for his artistic tactile techniques ) and by Antoni Tápies ( wise interpreter of the history related to the ancient walls).  

Berlingeri claims that the crease is a border area between two opposite and complementary worlds, between a light and a shadow, between something unveiled and hidden inside the canvas. However, the artistic research of the work does not focus only on what stands on the surface, or on the overlapping of strips of the canvas.

By looking at Argento Piegato (2012), we figure out that it is a handwriting painting which recall the glowing shade, and we are particularly attracted by the black stains on the surface which modulate the overall rhythm. This concept is also expressed in the work Rosso e nero piegato (2010).

An interesting variant of what has just been said is found in Dipinto piegato (2000). In this work, the repeated material overlaps represent the continuum of a gestural tale, starting from the center of the work and developing through modulated transparencies. The history told inside the canvas belongs to the artist himself, who created and wrapped it up. However, we found a different mental process in the making of Piegare il giallo (2004), where the rewind technique follows specific lines affected by a painting monochrome depth. It dwells on the shadows play created by the carvings, which, in turn, are generated by the composition of the canvas in order to develop new kind of depths.                     In the artwork Piegato (2000), we can notice a clear-cut black/white contrast, created by the overlapping of two narrative elements which take over the space. At the end, the artist’s purpose has been achieved, i.e. the work itself unveils to the audience precious moments of revelation.

Stefano Brunello, influenced by the great artist Lucio Fontana, adopts a different approach concerning the making of the canvas. He is particularly attracted by the concept of space, which has also been of major importance to several artists, such as Enrico Castellani, Paolo Scheggi, Agostino Bonalumi, Turi Simeti and Giuseppe Amadio. The peculiarity of Brunello consists of taking over the space by reaching a geometric harmony, generated from rhythmic movements of the canvas. It follows that a particular perceptual seduction is created, and it can mainly be seen in the work Radiale (2013), where light plays with shadows, finally developing different shades of grey. This approach has also been adopted in the work Progressione radiale gotica (2015), where an intersection of arches produce recurrent starry views.

Brunello’s calculated gesture produces perceptual effects created by introflexions and extroversions. That’s the case for Struttura (2016), where three concentric circles spring out of the surface. Instead, in Struttura prospettica aurea (2016), the artist takes over the space, composed by two geometrical impulses. This nucleus seems to increase in front of the audience. Brunello, consequently, expresses a desire to broaden his artistic interest, trying new solutions that allow him to combine his own design scheme with seductive tactile variations. In addition, they offer him intriguing and unexpected vanishing points. His “growing structures” follow, thus, this logic.

This volumetric optical effect is determined by the disposition and the seize of the holes on the canvas’ surface. In Struttura sfera gialla, this singular logic highlights the central extended effect created by a focal point and becomes bigger in front of the audience. In a similar way, Struttura convergente catches the audience’s eye towards a rhythmic convergence of two opposite paths that geometrically neutralize themselves.

This prospective research, which seems to erase the two-dimensional boundaries of the canvas, dates to several years ago: for example, Struttura prospettica laterale 3 (2010), which presents notable pyramidal patterns. By doing so, Stefano Brunello nourish his own creativity and generates noteworthy perceptual patterns, where the light has a major role.

Berlingeri e Brunello seems thus to pass the torch along the path of the artistic research. They are particularly involved with the concept of space, perspective seduction and the multitude of expressive patterns created in the making of their art.

 

BERLINGERI E BRUNELLO: DUE RICERCHE A CONFRONTO

 

La tela alla conquista dello spazio; la bidimensionalità della pittura superata da un gesto netto e provocatorio. Agli inizi degli anni Cinquanta Lucio Fontana ha infranto un tabù, ha sconvolto un sistema, ha sovvertito un comportamento consolidato nei tempi. Ha rinnovato il concetto dissacrante di Marcel Duchamp che qualche decennio prima aveva consegnato all’artista l’enorme responsabilità di superare i limiti consolidati dell’arte e di decidere, tout court, l’arte stessa. Si sono così aperti straordinari orizzonti interpretativi.

Da allora la tela ha potuto accogliere non solo movimenti introflessivi ed estroflessivi di vario genere e di varia intensità ma ha potuto altresì caricarsi di un ulteriore spessore formale, di una corposità dovuta all’apporto progressivo di sostanza. Sembra questo il territorio privilegiato di Cesare Berlingeri, dei suoi ritmici  ripiegamenti di tele su tele in un continuo rimando di racconti, di allusioni, di misteri, di coperture, di svelamenti. Un Berlingeri che si è nutrito della lezione di Alberto Burri ( del Burri catturato dalla seduzione tattile e “pittorica” dei “sacchi” ) e di Antoni Tápies ( del Tápies sapiente interprete e intimo fruitore della storia legata agli antichi muri ). Afferma lo stesso Berlingeri: “La piega è una zona di confine tra due mondi opposti e complementari, tra un visibile e un invisibile, tra una luce e un’oscurità”. Ovvero tra quello che viene svelato e quello che l’artista ha tracciato, dipinto e nascosto all’interno della tela che talora assume il fascino di un messaggio in bottiglia da non raccogliere, da non indagare, da non svelare, pena la profanazione e la vanificazione dell’opera stessa. Non per questo la lettura contemplativa deve limitarsi all’apparenza, al volume progressivamente conquistato dalla calcolata sovrapposizione dei lembi e alla compiuta immagine compositiva. Se osserviamo per esempio “Argento piegato”, un lavoro del 2012, scopriamo non solo un disegno calligrafico che ricama e percorre la luminosa, predominante tonalità  ma veniamo in particolare attirati dalle macchie nere che provengono dalla narrazione sottostante e conquistano zone di superficie capaci di modulare e di scandire il ritmo complessivo; un concetto espresso anche da “Rosso e nero piegato” del 2010. Un’interessante variante di quanto si è appena constatato compare in “Dipinto piegato” del 2000: le ripetute sovrapposizioni del tessuto esibiscono qui il prosieguo di un racconto gestuale che parte dall’interno dell’opera e si sviluppa per gradi anche percettivi, per modulate trasparenze, fino a sfociare in quell’ultima pagina concessa alla diretta lettura. La storia dell’evento appartiene all’autore che l’ha avviato e l’ha concluso con un avvolgimento che consente di interpretarne il cuore a tutti coloro che sono in grado di entrare in empatica connessione con lui. Ancora diverso è il processo costruttivo di “Piegare il giallo” del 2004: il moto di riavvolgimento segue particolari linee  dove l’intensità monocromatica della pittura indugia sul gioco delle ombre favorite dai tagli generati dalla composizione per formulare spessori e dalla materia stessa che fiorisce da dense pennellate e pare consumarsi in ritorni o in rigurgiti di pensiero. Invece da “Piegato” del 2000 emerge un netto e ondulato contrasto bianco/nero attivato dalla sovrapposizione in apparenza casuale di due componenti narrativi che conquistano e sigillano lo spazio che li accoglie. Così si declina l’atteggiamento di un artista che demanda alla folgorazione dell’idea il divenire articolato di un gesto destinato a formulare momenti di intimo raccoglimento e a offrire preziose chiavi di rivelazione o, se si preferisce, di svelamento.

Stefano Brunello si giova di un approccio diverso nei confronti della tela sottolineando in particolare il personale debito nei confronti del Lucio Fontana spazialista, un concetto ripreso ed elaborato nel tempo da autori che rispondono ai nomi di Enrico Castellani, Paolo Scheggi, Agostino Bonalumi, Turi Simeti e Giuseppe Amadio. La peculiarità di Brunello consiste nel conquistare lo spazio perseguendo un’armonia geometrica che pare scaturire dalle ritmiche sollecitazioni puntiformi della tela. Ne deriva infatti un flusso espansivo di particolare seduzione percettiva. Lo si può constatare in “Radiale” del 2013 dove la luce gioca delicatamente con le ombre nel decantare le mutevoli tonalità del grigio. Un approccio che trova ulteriori preziosità nel candore di “Progressione radiale gotica” del 2015 per il fitto incrocio di archi a formulare ricorrenti visioni stellate. Il suo calcolato gesto non si limita a produrre effetti percettivi promossi solo dalle introflessioni, come si è potuto osservare nei due precedenti esempi, ma si manifesta anche in modulate estroflessioni: è il caso di “Struttura” del 2016 dove tre cerchi concentrici appaiono in crescente fase espulsiva. Invece in “Struttura prospettica aurea”, anch’essa del 2016, si assiste a una conquista in divenire dello spazio che accoglie la gemma centrale del suo tipico gesto alla confluenza radiale di due impulsi geometrici. Questo nucleo sembra dunque lievitare verso l’osservatore al pari di una preziosa offerta. Pertanto Brunello manifesta il desiderio di ampliare il proprio interesse tentando soluzioni che gli permettono di coniugare un collaudato, personale schema costruttivo con varianti di indubbia seduzione quasi tattile. E tali varianti, da consegnare a moduli di calcolata struttura, gli offrono interessanti e forse inattese vie di fuga creativa. Le sue “strutture espansive” vanno consegnate a tale logica anche se non offrono ( o sembrano non offrire ) accrescimenti di sostanza. Infatti l’effetto “volumetrico” di fuga o di accelerazione ottica viene determinato qui dalla disposizione e dalla dimensioni dei “fori” sulla superficie della tela. Questa particolare logica compositiva concede pertanto a “Struttura sfera gialla” un effetto dilatativo centrale in progressiva crescita verso l’osservatore a partire da un punto focale; in modo simile “Struttura convergente” attira lo sguardo verso un ideale, ritmico incontro di due percorsi opposti che geometricamente si consumano in un reciproco annullamento. Tale ricerca prospettico/geometrica, che sembra voler vanificare i limiti bidimensionali legati tradizionalmente alla tela, parte da lontano ( si vedano per esempio certe interessanti formulazioni piramidali come “Struttura prospettica laterale 3” del 2010 ) e produce nella sua evoluzione sempre nuove varianti di crescita e di stupore. Così Stefano Brunello alimenta la personale creatività e spalanca nella sensibilità di chi sa osservare insondabili formule percettive, dove la luce acquisisce un insostituibile ruolo di guida, da trasformare in godimento contemplativo.

Berlingeri e Brunello sembrano dunque passarsi continuamente il testimone lungo il percorso parallelo della sempre maggior conoscenza di un’arte che cerca se stessa nelle innumerevoli possibilità espressive di una superficie che decide di inventare lo spazio: i gesti dei due artisti si nutrono del medesimo pane creativo. E la conseguente seduzione poetica appartiene compiutamente al nostro tempo.

Luciano Caprile

 

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